In questo periodo di forzata clausura è quasi doveroso esprimersi su un argomento alla portata di tutti ormai, ossia su un virus entrato a forza nelle nostre vite: il Covid. Ed io lo faccio a modo mio.
Vite che si intrecciavano normalmente, prima del Covid. Poi gli intrecci sono diventati pericolosi e letali. Ora non ci intrecciamo più con nessuno se non mentalmente. E nel momento in cui scrivo ancora non sappiamo quando potremo tornare ad intrecciarci o se dovremo continuare a vivere in parallelo l’un l’altro.
Dalla parola intreccio a treccia. Da qui ho creato una treccia in rafia sintetica di viscosa rossa e gialla, i colori che contrassegnano le zone di chiusura semi/totali. E l’ho avvolta attorno ad una striscia di carta a cui ho applicato del feltro in viscosa nero. La forma è circolare: il cerchio che ci protegge ma che allo stesso tempo ci rinchiude. Sulla parte esterna ho intrecciato in orizzontale del cotone nero: sono i morti risultati dai vari intrecci. I fili non sono affrancati perché la storia non è ancora finita.
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